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Cose dell’altro mondo

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Adesso Pippo aveva finalmente capito. Quand’era di questo mondo si era chiesto tante volte, senza farsene mai una ragione, come mai e perché i due mondi, quello di qua e quello dell’aldilà, fossero separati ed incomunicabili.

Si era addormentato, quella notte, come sempre, fantasticando sui mondi del passato, convinto che da qualche parte dovessero esserci quegli antichi romani che ammirava tanto, o gli eroi di Omero che tanto lo entusiasmavano leggendo le sue opere; o ancora i suoi antichi antenati sardi e siciliani, che gli apparivano nei vari costumi d’epoca, in un’infinitamente lunga processione di oranti in cammino; i conquistadores spagnoli, che cavalcavano come dei celesti davanti a folle immense di indios vocianti. Ed ogni notte era un viaggio diverso nell’immaginario del suo fantastico mondo interiore.

Sorrise il ragazzo, ma in un modo diverso da quello che appariva sulla foto della tomba dove sua mamma non faceva mancare mai i fiori freschi.

Sua mamma! Che sensazione, sfiorarle i capelli, appena spruzzati di grigio, sotto le sembianze impalpabili di un refolo di vento! Certo la mamma non poteva capire che quello scompiglio improvviso di capelli o quel prurito fugace alla guancia o lo sventolio rapido del soprabito erano sempre carezze del suo piccolo Pippo!

Ma forse era meglio così. Se l’avesse immaginato appena si sarebbe certo spaventata. Meno male che il Buon Dio non aveva reso possibile il contatto materiale tra i due mondi, anche se in fondo, Pippo non era poi così convinto che sua mamma non lo sentisse a fianco a sé.

Se avesse potuto parlarle le avrebbe detto che i mondi antichi, tanto da lui bramati notte e giorno, erano lì, negli stessi posti dove i viventi del mondo terreno vivono. Era sufficiente, per visualizzare attorno al Colosseo gli antichi abitanti, allontanarsi con la velocità della luce ed arrestarsi ad un certo momento, per vedere l’arena affollata di fiere e gladiatori, di senatori ; e le antiche strade percorse dai pesanti calzari dei soldati romani armati di scudi e di lance; i mercanti, gli osti e le prostitute; e le ilari commedie di Plauto che tanto lo facevano divertire sui banchi del liceo: tutto era lì, come se duemila anni non fossero mai passati. E nel gaudio eterno, con Gesù, Giuseppe e Maria, i santi, gli angeli e gli spiriti immortali di Dante, di Leopardi, Shakespeare, Holderlin, cantava ora anche Pippo le lodi alla grandezza infinita di Dio.

Come poteva ora il suo spirito giubilante, spiegare ai mortali che il tempo che si vive non è altro che un piccolo segmento spazio-temporale, integrato in una curva geometrica infinita che si evolve senza soluzione di continuità dalla notte immemore dei tempi?

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